Debutta al Teatro Biondo “Odissea ¬ Un racconto mediterraneo” con Davide Enia

Davide Enia Davide Enia
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Davide Enia è il protagonista di Odissea – Un racconto mediterraneo, uno spettacolo del Teatro Pubblico Ligure di Genova, che debutta nella Sala Strehler del Teatro Biondo di Palermo mercoledì 20 gennaio 2016 alle ore 21, con repliche fino a domenica 24.

Un racconto mediterraneo è un progetto itinerante, ideato e curato dal regista Sergio Maifredi, che affida l’Odissea di Omero, “prima fiction a episodi” della narrativa occidentale, alla narrazione orale di attori, scrittori e artisti di diversa esperienza.

Davide Enia interpreterà al Teatro Biondo l’XI canto, che racconta la discesa di Odisseo agli Inferi.

Per l’attore e drammaturgo palermitano, i versi di Omero diventano il pretesto per spiegare l’arte del racconto e i segreti dell’affabulazione. Richiamando diversi autori e opere e mischiando narrazione, filastrocche e cunto siciliano, Enia, in compagnia di Odisseo, ci trascinerà in un affascinante viaggio nella memoria e nell’immaginazione.

Un racconto mediterraneo arriva a Palermo dopo il grande successo ottenuto nei teatri di tutta Italia e nei festival più prestigiosi: dal “Ravenna Festival” a “Scali a mare” di Pieve Ligure, solo per citarne un paio.

Per Davide Enia, artista acclamato in Italia e all’estero, si tratta di un ritorno alle origini, nella “sua” Palermo, così come un ritorno alle origini è l’Odissea, che proprio in Sicilia ritrova molti dei suoi luoghi letterari. L’attore si cimenterà con il canto XI, La discesa agli inferi di Odisseo, uno dei più complessi e affascinanti dell’intera opera di Omero; bellissimo e struggente, nel quale Odisseo ha la possibilità di scendere nel regno dei morti, per poi tornare nel mondo dei vivi e proseguire il suo viaggio verso Itaca.

«L’Odissea è il momento in cui nasciamo e usiamo le parole per raccontare tutto: un viaggio, un ricordo, un amore, un dramma, una bugia – spiega Enia – e tutto questo ha origine, come sempre accade nel mondo greco, quando si va nell’aldilà. Quella di Odisseo agli Inferi è una iniziazione, e il racconto e l’uso strumentale delle parole ne sono i frutti».

«Ringrazio Roberto Alajmo – dice il regista Sergio Maifredi – per aver voluto il mio progetto al Biondo, un racconto che inchioderà il pubblico alle poltrone in un silenzio sacrale, per riportare il teatro al rito dello stare insieme ad ascoltare la magia della parola».

Note

«La discesa di Odisseo agli Inferi segna al contempo l’inizio e il punto di non ritorno del racconto. L’eroe omerico adula i morti e li ascolta, apprendendo da loro il futuro e l’uso dell’ipotesi come scudo e arma. È un percorso di iniziazione nell’universo della parola, che ricalca il solco tracciato da Orfeo. Dopo questo viaggio, il racconto in Occidente non sarà più soltanto un passatempo o un elenco di nomi ma diventerà conoscenza del mondo e di sé, manipolazione della realtà e strumento di potere».

Davide Enia

«Omero fa scendere Odisseo all’inferno duemila anni prima di Dante. Anche questo viaggio deve affrontare Odisseo. Incontrerà Elpènore, il suo amico, morto da poco: ubriaco è caduto dal tetto della casa di Calipso e l’anima è scesa giù agli Inferi. Poi Odisseo incontrerà sua madre. L’aveva lasciata viva a Itaca, partendo per Ilio. Non fa a tempo a piangere, Odisseo, che già arriva l’anima dell’indovino Tiresi che gli predice il futuro. Quello prossimo, fatto di viaggi e stragi. E quello che arriverà: Odisseo dopo aver ricomposto l’ordine, dopo aver ucciso i pretendenti, dovrà affrontare un ultimo viaggio, questa volta per terra, fino a genti che non conoscono i cibi conditi col sale. Il viaggio agli Inferi continua: a Odisseo viene incontro l’ombra di Achille a rievocare i fantasmi di una guerra ormai lontana dieci anni. È un incontro tra i due protagonisti dei due poemi. È un confronto tra psicologie diverse.

Se Iliade, con Achille, è il poema della forza, Odissea è, con Odisseo, il poema dell’intelligenza. E qui il passaggio d’epoche tra Iliade ed Odissea appare evidente. Achille in Iliade è il simbolo della bella morte, dell’eroe che sa di dover affrontare una morte gloriosa nel fiore degli anni; qui, in Odissea, dirà che avrebbe preferito essere un guardiano di porci piuttosto che regnare su un esercito di morti».

Sergio Maifredi

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