Carlo Portelli. Pittore eccentrico fra Rosso Fiorentino e Vasari – Firenze, Galleria dell’Accademia
La Galleria dell’Accademia annovera, nell’ampia rassegna della pittura fiorentina della Maniera dispiegata nella Tribuna del David, una monumentale pala con l’Immacolata Concezione di Carlo Portelli, datata 1566 e originariamente destinata alla chiesa di Ognissanti, che può, a giusto titolo, essere considerata il suo capolavoro. Il pittore, per quanto titolare di importanti commissioni e fra gli artisti attivi per le maggiori imprese medicee, non ha goduto sin qui di una grande fortuna critica.
Intorno a questa tavola visionaria e neo rossesca che scandalizzò lo storiografo Raffaello Borghini (1584) per l’esibizione sfacciata e irriverente delle nudità di Eva in primo piano, sono stati raccolti in una mostra tutti i dipinti attendibilmente ascrivibili al Portelli e, grazie a nuovi studi e ricerche intrapresi per l’occasione, è stato possibile definirne una volta per tutte il ruolo nel panorama della pittura fiorentina dell’età vasariana.
La mostra, che espone circa cinquanta opere fra dipinti, disegni e documenti, oltre a valorizzare la pala dell’Accademia, consentirà al pubblico che affolla ogni giorno il museo di conoscere un artista noto solo agli specialisti e invece meritevole di essere apprezzato per la sua originalità, fantasia e capacità di tradurre in pittura concettose invenzioni, sul modello del Vasari.
Giunto a Firenze dalla natia Loro Ciuffenna in epoca imprecisata, si sarebbe formato, secondo il Vasari, nella affollata e sperimentata bottega di Ridolfo del Ghirlandaio e nel 1538 si era già iscritto alla Compagnia di San Luca o dei Pittori. L’anno dopo collaborava già col Salviati all’apparato per le nozze di Cosimo I con Eleonora di Toledo, portando a compimento un dipinto effimero con l’Incoronazione di Cosimo I di cui esiste il disegno preparatorio dello stesso Salviati al Louvre ed esposto in mostra.
Le imponenti pale d’altare da lui realizzate ed esposte in mostra documentano la sua attività. La pala con la Trinità di Santa Felicita, da datarsi poco dopo il 1544, lo rivela un artista che, rifacendosi ai grandi modelli, sa già orchestrare una composizione, scalando in profondità le figure nello spazio illusorio di un dipinto. Dopo aver preso in affitto una bottega nel 1548, avrebbe dato inizio ad una intensa attività di pittore di soggetti religiosi, di cui danno conto le pale del 1555: Annunciazione di Loro, Disputa sulla Trinità di Santa Croce e Adorazione dei Pastori di San Salvi, queste ultime in origine nella chiesa di Monticelli.
Due anni più tardi licenziava il grandioso e affollato Martirio di San Romolo (come lo sono in genere le pale d’altare del Rosso), di cui è conservato al Gabinetto Disegni e Stampe delle Gallerie degli Uffizi uno studio preparatorio a matita rossa per la testa della fanciulla di profilo che figura nel dipinto e che è esposto in mostra, così come nel percorso dell’esposizione figurano le opere grafiche del Portelli che si conoscono, in genere caratterizzate da un inconfondibile segno filiforme, in punta di penna, che definisce sommariamente le figure.
Iscritto nel 1563 alla appena fondata Accademia del Disegno, lo sarebbe rimasto fino alla morte, nel 1574. In questi anni, accanto ad una produzione di pale d’altare come il Compianto di Loro del 1561, l’Immacolata Concezione del 1566, la Restituzione della Croce di Olmi del 1569, e il Cristo che predica con i Santi Giovanni Battista ed Evangelista e i committenti, di Colle di Buggiano del 1571, avrebbe soddisfatto le richieste di una committenza privata desiderosa di Sacre Famiglie (ora in musei stranieri o passate sul mercato) e Allegorie della Carità (Madrid, Arezzo e Firenze), cimentandosi con successo anche nel genere ritrattistico come testimoniano i dipinti di Chaàlis e il Ritratto allegorico e celebrativo di Giovanni dalle Bande Nere di Minneapolis, debitore del ritratto del condottiero di Giovan Paolo Pace degli Uffizi e di quello della Galleria Palatina restituito a Salviati, esposti accanto all’opera di Portelli.
Dopo aver lavorato all’apparato del 1565 per le nozze di Francesco de’ Medici e di Giovanna d’Austria, con pitture a Borgonissanti e all’arco al Canto della Paglia, avrebbe chiuso la sua carriera con la collaborazione all’impresa dello Studiolo del Principe in Palazzo Vecchio, di cui rimane testimonianza nel suo disegno raffigurante Alessandro Magno e la famiglia di Dario (GDSU)
La mostra è a cura, come il catalogo edito da Giunti Editore – che rappresenta il primo volume monografico sull’artista -, di Lia Brunori e Alessandro Cecchi ed è promossa dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo con il Segretariato regionale del Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del turismo della Toscana, la Ex Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze, la Galleria dell’Accademia e Firenze Musei.
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