LA PALA D’ALTARE DI SAN MERCURIO RESTAURATA TORNA NELL’ORATORIO DI PALERMO
Il 25 novembre 2014 alleore 18:00, il Museo Diocesano di Palermo, la Soprintendenza ai BB.CC. di Palermo e gli Amici dei Musei Siciliani sono lieti di invitare alla presentazione della pala d’altare con S. Mercurio restaurata e ricollocata nella sua sede originaria, sull’altare dell’oratorio eponimo di Palermo.
Interverranno Mons. Giuseppe Randazzo, direttore del Museo Diocesano di Palermo, la dott.ssa Elena Volpes, Soprintendente ai BB.CC.AA. di Palermo, Bernardo Tortorici di Raffadali, presidente degli Amici dei Musei Siciliani, la dott.ssa Maddalena De Luca, direttore della sezione storico-artistica della Soprintendenza e il restauratore Gaetano Alagna.
La tela San Mercurio di Cesarea riceve la lancia dalla Verginenell’Oratorio di S. Mercurio a Palermo è un dipinto ad olio su tela di autore ignoto di cultura manieristica. L’artista, attivo nella Sicilia occidentale nella prima metà del XVII secolo, in quest’opera elabora una sintesi della tradizione pittorica palermitana che ha origine dalla lezione di Vincenzo da Pavia giungendo a compimento con la generazione dei tardomanieristi Giuseppe Alvino e Gaspare Bazzano. Esprimendo quel sentimento religioso controriformistico che fu prerogativa delle numerose Compagnie e Confraternite sorte in città dopo la chiusura del Concilio di Trento, l’opera raffigura nel registro superiore la Vergine fra gli angeli nell’atto di porgere la “Santa Lancia” al martire Mercurio vestito da romano e inginocchiato nella parte bassa del dipinto, con sullo sfondo un paesaggio idealizzato con rovine.
Si tratta di un’opera di notevole interesse storico e artistico che era stata custodita dal Museo Diocesano di Palermo molti anni or sono, per difenderla dai furti che avevano già colpito l’oratorio più volte, sottraendovi tante opere d’arte tra cui il bel tavolo dei Superiori della seconda metà del XVII secolo, probabilmente della bottega del noto intagliatore Giovanni Calandra, già autore dei tavoli degli oratori di S. Onofrio e dei Falegnami.
Negli anni 2009-2010 la tela è stata sottoposta a restauro con un finanziamento della Soprintendenza ai BB.CC.AA. di Palermo, con la direzione a cura della dott.ssa Giovanna Cassata e per mano del restauratore Gaetano Alagna.
A poco più di un anno dalla riapertura al pubblico ad opera degli Amici dei Musei Siciliani, la tela ritorna al suo posto corredata dalla splendida cornice della fine del XVII secolo, restaurata dal laboratorio di restauro della Diocesi con il contributo economico dell’Associazione Amici dei Musei Siciliani, insieme al Ruolo dei Governatori della compagnia, pure ricoverato al Museo Diocesano e oggi tornato nell’antioratorio dove si trovava originariamente.
Sarà inoltre inaugurato il nuovo impianto di illuminazione realizzato insieme al sistema di antifurto dall’Associazione Amici dei Musei Siciliani.
Il Museo Diocesano di Palermo prosegue in questo modo la ricollocazione delle opere d’arte sacra che ha visto negli anni ricoverate nei suoi depositi, come già avvenuto con opere delle chiese di S. Cristoforo e di S. Antonio Abate e con l’oratorio del Rosario in S. Cita di Palermo.
L’oratorio è aperto ogni giorno dalle 10.00 alle 18.00
ORATORIO DI S. MERCURIO
L’attuale oratorio di San Mercurio è l’unico esistente dei tre che erano posseduti dall’antica compagnia della Madonna della Consolazione in San Mercurio fondata nel 1572. Tra il 1678 e il 1686, vi lavorano Giacomo Serpotta (1656-1732) e il fratello Giuseppe (1653-1719). Questa è, dunque, una delle prime opere di un giovanissimo Giacomo, e forse la più impegnativa fra quelle, il quale vi annuncia i temi principali della sua produzione.
Come scrive Pierfrancesco Palazzotto, nell’aula le pareti mostrano una turba di putti che si arrampica intorno alle finestre, sopra le perfette cornici barocche sicuramente frutto del disegno di architetto che guarda anche al Borromini. Tutto si ammanta del bianco che sarà un altro segno distintivo del Serpotta. E i festosi putti giocano, reggono i simboli del santo guerriero e, soprattutto, interagiscono l’uno con l’altro.
Inizia da qui il loro protagonismo che diverrà addirittura sfacciato in altre imprese. Ma non si tratta comunque di un’opera perfetta, le forme sono ancora incerte e talvolta grossolane, soprattutto se messe al confronto con l’apparato della controfacciata, ma c’è già il cuore della poetica serpottiana.
La controfacciata, recentemente restaurata come tutto l’oratorio in seguito ai lavori di restauro della Soprintendenza diretti dall’arch. Lina Bellanca, risalirebbe, secondo Garstang, al secondo decennio del ‘700 ed è attribuita al figlio Procopio, come pure, probabilmente, la decorazione del presbiterio da porre ancora più avanti verso la metà del secolo.
Come scrive Pierfrancesco Palazzotto, nell’aula le pareti mostrano una turba di putti che si arrampica intorno alle finestre, sopra le perfette cornici barocche sicuramente frutto del disegno di architetto che guarda anche al Borromini. Tutto si ammanta del bianco che sarà un altro segno distintivo del Serpotta. E i festosi putti giocano, reggono i simboli del santo guerriero e, soprattutto, interagiscono l’uno con l’altro.
Inizia da qui il loro protagonismo che diverrà addirittura sfacciato in altre imprese. Ma non si tratta comunque di un’opera perfetta, le forme sono ancora incerte e talvolta grossolane, soprattutto se messe al confronto con l’apparato della controfacciata, ma c’è già il cuore della poetica serpottiana.
La controfacciata, recentemente restaurata come tutto l’oratorio in seguito ai lavori di restauro della Soprintendenza diretti dall’arch. Lina Bellanca, risalirebbe, secondo Garstang, al secondo decennio del ‘700 ed è attribuita al figlio Procopio, come pure, probabilmente, la decorazione del presbiterio da porre ancora più avanti verso la metà del secolo.
Rilevantissimi nell’oratorio, come riporta ancora Pierfrancesco Palazzotto, anche lo splendido pavimento maiolicato realizzato tra il 1714 e il 1715 da Sebastiano Gurrello e Maurizio Vagolotta su disegno del sacerdote Giulio De Pasquale (tra i pochissimi pavimenti maiolicati ancora esistenti in luoghi sacri a Palermo), i frammenti delle mensole figurate superstiti del terzo quarto del XVII secolo, e il sedile dei Superiori, pregevolissima manifattura lignea del terzo quarto del XVIII secolo, forse pure della famosa bottega dei Calandra.
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