Nagasaki, il Museo per non dimenticare

Share

Nagasaki, 9 agosto 1945, 11.02 del mattino. Fat Man, «il grassone», precipita dalla carlinga di un bombardiere. E’ il nome affibbiato alla bomba atomica.

Appena tre giorni dopo l’olocausto di Hiroshima, il governo degli Stati Uniti ci tiene a ribadire la sua superiorità sull’impero giapponese con un secondo attacco nucleare, anticipando la resa di quest’ultimo. Da allora il dibattito è aperto: era davvero necessario questo nuovo lancio? O fu solo una dimostrazione di potenza da parte degli Usa in vista del nuovo ordine mondiale? Si potevano evitare altri morti? Il Giappone si sarebbe arreso comunque?
Entro la fine dell’anno il numero delle vittime delle bombe fu di 166.000 a Hiroshima e 80.000 a Nagasaki. A queste si devono aggiungere poi tutte le persone che negli anni successivi si sono scoperte ammalate di leucemia e tumori a causa della ricaduta radioattiva alla quale vennero esposte.
Oggi Nagasaki è una città ricostruita di sana pianta, che ha voluto però mantenere la memoria dell’Olocausto atomico. Lo ha fatto con il “Memoriale Nazionale della Pace” per le vittime della bomba atomica, che si trova all’interno del Parco della Pace.

statuamaternità

Questo è un silenzioso giardino costruito nel 1955 che si estende tra fontane e monumenti frutto di donazioni internazionali.

Le sculture sono per lo più sul tema della maternità che si contrappone al tetro ricordo della morte atomica.

statua3

Domina il parco la «Statua della Pace»: un gigante realizzato dallo scultore Kitamura Seibo col suo dito rivolto verso il cielo a ricordare la morte venuta dall’alto.

statuagigante

Poco lontano si arriva sul luogo calcolato come «ipocentro» dell’esplosione atomica, dove un sobrio blocco di marmo nero in un piazzale ricorda il giorno della tragedia.

obelisco

Di lato è rimasta una colonna della cattedrale cattolica polverizzata e in altri punti si possono osservare gli strati del suolo con le bruciature provocate dall’immane calore.colonnacattedrale
Si entra poi nel Museo della Bomba Atomica, inaugurato nel 1996. Si inizia dall’orologio fermato per sempre alle 11,02 per poi passare in rassegna reperti dilaniati (abiti, monete), filmati dell’epoca con i corpi straziati, altri resti della cattedrale trasportati qui, foto scattate in quei giorni con gli occhi di bambini che non dimenticherete mai. Si può toccare con mano una bottiglia di vetro diventata molle come burro per il caldo.
C’è infine una foto che dice tutto: su un muro è rimasta solo l’ombra di una sentinella scesa di corsa da una scala per dare l’allarme dopo l’esplosione. L’onda d’urto lo ha disintegrato. Di quell’uomo è rimasta solo la foto di una macchia nera. Verso l’uscita alcuni pannelli ripercorrono anche la storia della guerra. E, con una buona dose di autocritica, si parla anche delle aggressioni giapponesi contro gli americani e della follia militarista che si impadronì del Paese nei primi decenni del Novecento. Lungi dall’essere un centro che fomenta il rancore il Museo è un punto dove pace e disarmo nucleare prevalgono su tutto. Insieme con un monito contro la violenza che alberga nel cuore dell’uomo.

bomb

Share

Leave a comment

Your email address will not be published.


*