Arte Vetraria Muranese. Collezione Lutz H. Holz
La storia dell’A.Ve.M. – Arte Vetraria Muranese – fondata negli anni Trenta da Antonio e Egidio Ferro, Emilio Nason e Giulio Radi, viene raccontata attraverso i vetri appartenenti alla vasta nonché preziosa collezione di Lutz Holz, che da anni raccoglie le opere più significative della produzione vetraria storica di Murano dal 10 ottobre 2015 al 31 gennaio 2016 presso il Museo del Vetro di Murano.
Questo articolato e importante nucleo novecentesco testimonia orientativamente una particolare realtà imprenditoriale che, attraverso artisti come Vittorio Zecchin, Anzolo Fuga e Giulio Radi, ha contribuito ad introdurre il design nel mondo vetrario.
Una selezione di circa novanta esemplari sarà esposta nella sala Marie Brandolini, intitolata alla creatrice dei famosi goti recentemente scomparsa e dedicata ai protagonisti del design moderno e contemporaneo del rinnovato museo di Murano, a testimonianza dell’articolata realtà produttiva dell’A.Ve.M..
La mostra focalizzerà il rapporto tra maestri vetrai e designer evidenziando un importante capitolo della storia del vetro che, proprio con l’A.Ve.M., si rinnova interpretando le declinazioni estetiche del Ventesimo secolo, proponendo nuove coordinate artistiche attraverso le Arti Decorative.
Vetri essenziali nelle forme e innovativi per gli inediti e cangianti effetti cromatici: queste le preziosità che vengono presentate, testimonianze della migliore produzione vetraria dell’Art Nouveau.
Con questa mostra – a cura di Chiara Squarcina e Lutz Holz, sotto la direzione scientifica di Gabriella Belli e il progetto di allestimento di Daniela Ferretti – la Fondazione Musei Civici di Venezia coglie ancora una volta l’opportunità di ricostruire una memoria storica del vetro muranese nell’intento di ribadirne da un lato la straordinaria valenza artistica, ma evidenziando dall’altro quello spirito di modernità che ispira tutt’oggi l’arte vetraria contemporanea.
La A.Ve.M. (Arte Vetraria Muranese), viene fondata nel 1932 da Antonio Ferro, con i figli Egidio ed Ottone, Galliano Ferro ed Emilio Nason.
I primi prodotti, disegnati per lo più da Vittorio Zecchin, si evidenziano per leggerezza e purezza di linee, come i servizi di bicchieri ampiamente documentati dalla rivista Domus.
Presente fin dall’inizio alle Biennali di Venezia, l’azienda modifica rapidamente le sue produzioni, adeguandosi ai nuovi gusti correnti, che prediligono il vetro pulegoso oppure figure a vetro pieno.
Il periodo artisticamente più interessante è quello compreso tra il 1940 e la fine degli anni ’60. Nel 1939 entra come direttore artistico il muranese Giulio Radi.
A lui si deve un approfondito lavoro di ricerca nel campo delle reazioni di ossidi metallici sul vetro, con l’utilizzazione di murrine, polveri d’oro e d’argento, abbinate a forme molto semplici, tendenti ad enfatizzare la materia. Purtroppo questo lavoro viene interrotto nel 1952 dalla sua morte prematura.
Quattordici anni dopo, la Biennale di Venezia gli renderà omaggio con una mostra retrospettiva di 15 pezzi, tutti eseguiti dal maestro Luciano Ferro. Altri prodotti di spicco dell’A.Ve.M. sono i vetri ad “anse volanti”, ideati da Giorgio Ferro e presentati alla Biennale del 1952.
Sono vasi eseguiti in vetro di colore scuro, con superficie iridata e grandi manici asimmetrici ottenuti a caldo dal corpo stesso dell’oggetto che, per difficoltà esecutiva, raggiunge notevoli effetti plastici, influenzando lo stile delle arti decorative degli anni ’50.
Nel 1955, dopo 22 anni di lavoro comune, Galliano Ferro lascia l’A.Ve.M. per aprire una sua fornace.
Nello stesso periodo collaborano con la A.Ve.M. anche il pittore Luigi Scarpa Croce e Anzolo Fuga. Quest’ultimo, già noto come esecutore indipendente di vetrate policrome, esposte con successo alle Biennali, compare molto spesso come ideatore di grandi pezzi dalla forma asimmetrica e dal decoro astratto, ottenuto mediante l’uso di vetro lattimo abbinato a murrine o paste policrome; lo coadiuva nel lavoro l’estro sperimentatore del maestro vetraio Luciano Ferro, presente, in qualità di designer, alla Biennale di Venezia del 1966, dove espone quattro vasi e due coppe denominate “Folclore Ellenico”.
La vetreria è tutt’ora esistente, ma ha cessato da tempo l’attività produttiva.
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