Lapislazzuli. Magia del blu 9 giugno – 11 ottobre 2015 Firenze, Museo degli Argenti
Le ‘stanze del Tesoro’ del Museo degli Argenti custodiscono una straordinaria raccolta di vasi intagliati in lapislazzuli, dalle mirabolanti forme ispirate dagli artisti del Manierismo fiorentino.
E’ una collezione unica al mondo, iniziata da Cosimo I de’ Medici alla metà del Cinquecento e accresciuta soprattutto per volontà di Francesco I nei laboratori del Casino di San Marco e proseguita, alla sua morte, dal fratello Ferdinando, cardinale della Chiesa romana, che gli succedette nella carica di granduca di Toscana.
La rara e preziosa pietra blu era estratta dalle cave di Sar–e–Sang, tra le montagne del Badakhshan (odierno Afghanistan), l’unico giacimento noto nell’antichità, visitato anche da M arco Polo nel XIII secolo.
L’idea di dedicare una mostra a questa pietra, carica di magici significati, è stata offerta da Gian Carlo Parodi, mineralogista del Museum National d’Histoire Naturelle di Parigi. Si tratta quindi di una mostra mirata non solo all’approfondimento degli squisiti manufatti artistici ma rivolta anche – e non in misura minore – all’aspetto più prettamente mineralogico, argomenti che si integrano, consentendo approcci singolari e non usuali per la storia dell’arte. IlMuseo di Storia Naturale dell’Università di Firenze, diretto da Giovanni Pratesi, ha avuto un ruolo di primo piano nell’elaborazione del progetto e una sezione della mostra, dedicata alla pietra e ad aspetti di ricerca scientifica, è stata allestita al Museo della Specola.
Nel Museo degli Argenti la mostra si articola in quattro sezioni. La prima sezione Dal la Natura all’Artificio presenta una selezione di campioni di lapislazzuli di varia formazione e provenienza a diretto confronto con i massimi raggiungimenti nell’utilizzo del lapislazzuli in vasi e coppe, fiasche e mesciroba provenienti dai più prestigiosi musei d’Europa, quali il Museo del Prado di Madrid, l’Ashmolean Museum di Oxford, il Grünes Gewölbe di Dresda, il Landesmuseum Württemberg di Stoccarda. Vanto delle botteghe di intagliatori milanesi, l’arte di intagliare questa pietra fu introdotta a Firenze nel 1572 da Francesco I, che fece venire da Milano i fratelli Gian Ambrogio e Gian Stefano Caroni; sede dei laboratori granducali e nucleo delle botteghe di corte fu il Casino di San Marco, “ove in guisa di piccolo arsenale in diverse stanze ha diversi maestri che lavorano diverse cose e quivi tiene i suoi lambicchi, e ogni suo artifizio” , come scrive l’ambasciatore venezian o Andrea Gussoni nel 1576.
La seconda sezione Commesso in pietre dure e pietre dipinte racconta l’evoluzione dell’utilizzo del lapislazzuli nel primo Seicento in due ambiti, quello del commesso e quello della pittura su lapislazzuli, animati dallo stesso desiderio di rendere eterna e fissare la natura nei colori immutabili della pietra.
La terza sezione La pietra blu nel fasto principesco mostra come, nel momento in cui il lapislazzuli diventa sempre più raro, la pietra viene destinata quasi esclusivamente a oggetti profani e suppellettili sacre di grandissimo pregio artistico e di elevatissima committenza.
La quarta sezione Dall’Oltremare al Blu Klein è dedicata al pigmento. Quando si tratta dell’utilizzo del lapislazzuli in campo artistico il pensiero corre infatti all’azzurro ‘oltremarino’, decantato come “colore nobile, bello, perfettissimo oltre tutti i colori” nel trattato di Cennino Cennini – uno degli ultimi esponenti della grande scuola giottesca fiorentina – che descrive nei dettagli il modo di ricavare il pigmento prezioso dalla macinazione della pietra. Non si poteva chiudere la mostra senza accennare alle sperimentazioni, tentate fin dal secolo dei Lumi e protratte per tutto l’Ottocento, per ricercare materiali che potessero sostituire la preziosa roccia, di cui si reperivano nuovi giacimenti, e creare un pigmento che potesse uguagliare l’intensità dell’oltremare. Ci è parso quindi indicato concludere la mostra con un’opera di Yves Klein, che al blu ha dedicato le ricerche artistiche dell’intera sua pur breve vita, e con una piccola sezione di gioielli del Novecento e contemporanei, che peraltro si riallacciano a una sezione del museo di recente creazione, dove lapislazzuli puro e pigmenti sintetici offrono occasione di nuove rivisitazioni.
Leave a comment