Limu, a Bagheria una nuova esperienza di cucina
di Maria Mattina
Līmū è il nome – con tanto di due accenti – e nell’antico persiano significa limone. Dalla lontana Persia, dove arrivarono nel 700 dopo Cristo, i limoni si diffusero in Occidente. E anche in Sicilia dove, nella Conca d’Oro (nomen omen), portarono i loro bagliori gialli alle lussureggianti coltivazioni di un tempo.
Līmū sta a questo ristorante come Baaria al film di Giuseppe Tornatore, tra i bagheresi più famosi. Un nome che è una evocazione di radici secolari e di viaggi in terre lontane, di visioni oniriche e piaceri dei sensi.
Un nome che Antonino Ferreri, classe 1989, per gli amici Nino, giovane chef nato a Trabia, in provincia di Palermo, ha scelto per il suo ristorante, inaugurato a Bagheria appena a settembre del 2021 ma già scrigno di tesori e oggetto di un intenso passaparola tra i buongustai.
Lo chef, pur giovanissimo, ha maturato la sua passione per la cucina nell’adolescenza, frequentando l’Alberghiero Pietro Piazza di corso dei Mille a Palermo, e grazie anche ad una famiglia attenta alla grande tradizione siciliana.
Da qui inizia un percorso professionale in importanti ristoranti italiani e stranieri dove, oltre a imparare la tecnica, Ferreri accresce la propria sensibilità, toccando con mano la straordinaria varietà delle materie prime, la biodiversità oltre che il retaggio regionale italiano e d’oltralpe.
Da Porto Cervo alla Val Gardena, da Milano alla Svizzera sempre al fianco di chef stellati. In particolare a Selva di Val Gardena lavora con Felix Lo Basso (che tutt’oggi cita come il suo principale maestro), ricopre tutte le posizioni in brigata, da commis alle colazioni a capo partita nell’Hotel Alpenroyal, dove rimane per sei stagioni. Il ritorno in Sicilia è come executive chef a Villa Athena, il prestigioso hotel nella Valle dei Templi. Infine il salto ancora più vicino a casa, nel Palermitano, dove la moglie e la piccola figlia di 4 anni potranno ora avere i necessari punti di riferimento.
Il ristorante Līmū è progettato e realizzato in uno dei luoghi storici più affascinanti della città di Bagheria, a pochi metri dall’Arco della Santissima Trinità: recupera il fascino della Torre Ferrante, una costruzione risalente al 1565 che era una delle sette torri di difesa del territorio cittadino.
A renderlo un luogo speciale oltre che la storia è la presenza del tufo di Aspra. Sull’architrave del vano che porta nella cucina di oggi vedrete ancora scolpita la scritta religiosa originaria che introduceva alla cappella di ieri. Il tutto si coniuga perfettamente con il concept contemporaneo, elegante e sobrio negli arredi. Girovagando nelle tre sale a disposizione degli ospiti, distribuite su due livelli, potrete apprezzare l’ottima illuminotecnica, il recupero di un vecchio camino che funge da cantinetta, oltre ad angoli nascosti e valorizzati. E altre idee originali come la scaletta sospesa in aria che vi fa immaginare turni di guardia in cima alla torre, assedi e combattimenti. Il maître e sommelier Giandomenico Gambino, originario anche lui di Trabia, sarà felice di raccontarvi storie e leggende bagheresi.
Quella di Ferreri è una cucina sobria sia come numero di ingredienti sia come tecnica. Uno stile essenziale ma ricco di contenuti dove le materie prime vengono rispettate, esaltando la massima capacità di espressione del gusto. Frutta e verdura dei dintorni, la cacciagione delle Madonie e il pesce di Aspra e Porticello contribuiscono alla vera anima di Līmū.
A voler cercare riferimenti internazionali, però, qualche ascendente si trova in Francia. Insieme agli squisiti pane e grissini di produzione propria, ad esempio, vi arriverà sul tavolo anche un omaggio che sembra un pomodorino secco. Ma in realtà è un delizioso e indimenticabile burro francese aromatizzato. Qua e là nel menù troverete inoltre foie gras e champagne… (Ferreri ha prestato servizio per due anni nel ristorante stellato La Table d’Adrien a Verbier, nella Svizzera Francese, all’interno dell’Hotel Chalet d’Adrien).
Il menù, rigorosamente stagionale, viene cambiato ogni due mesi, fatta eccezione per alcuni piatti che sono cavalli di battaglia come lo Sgombro in crosta di sale nero.
La carta propone piatti a base di prodotti locali con una forte attenzione alla selezione di piccoli fornitori artigianali e alla provenienza degli stessi da filiere controllate e sostenibili. Tre sono i menù degustazione di 5, 7 e 9 portate (i dettagli sul sito www.limurestaurant.it). La carta dei vini presenta una selezione di etichette siciliane oltre che una proposta di prodotti nazionali ed esteri sempre in divenire grazie ad un lavoro attento sulla cantina che è stata di recente ancora arricchita.
Abbiamo provato il menù degustazione 100% Limu.
Oltre al flûte di spumante siciliano, il benvenuto dello chef già vi affascinerà (oltre al già citato pomodorino) con idee originali tra cui spicca il limone (per fare onore al nome del ristorante) con tartare di pesce sauro e la zuppa di cozze trasformata in un bocconcino delizioso.
Si inizia il menù con una insalatina di molluschi, patata al limone e chips croccante alle alghe, delicata e convincente.
Si prosegue con la lingua di vitello arrosto con gambero rosso e salsa champagne, accoppiamento insolito ma riuscito.
Per chi non gradisce la lingua è possibile cambiare, per esempio con questo Cavolicelli e salsiccia di pesce azzurro. Dove, con efficace “camouflage”, la salsiccia appunto non è di maiale ma di pesce.
Arrivano poi il Risotto bufala, seppia, ricci e prezzemolo (uno degli apici della serata) e i Gettoni di coniglio (pasta fatta in casa), salsa suprema, cavolicelli e aria al melograno.
Il secondo è lo Sgombro in camicia di sale nero, cipollotto e salsa di vino bianco (servito in modo spettacolare al tavolo di appoggio) che può essere sostituito da un Galletto farcito alle erbe spontanee, vegetali e jus di pollo al tartufo e foie gras.
Pre-dessert da brividi e conclusione con Agrumi in biancomangiare alla mandorla e cioccolato ivoire alle olive (anche qui un “camouflage” da urlo).
Se vi va, provate anche l’altro dessert Tumminia…latte e caffè dove potrete rievocare alla memoria il pane e latte che si consumava a colazione quando eravate bambini (altro cavallo di battaglia di Ferreri).
Rapporto qualità/prezzo eccellente a partire da 55 euro (il menù degustazione da 5 portate che si chiama Apparente povertà).
Veniamo a sapere dallo chef, accogliente e cordiale in sala, che Tony Lo Coco, lo stellato patron bagherese dei Pupi, affabilmente ha aiutato Ferreri nei suoi primi passi a Līmū.
Non resta che augurare al padrone di casa un futuro stellato. Le premesse per finire nell’agognata guida rossa, seppur dopo pochi mesi di apertura, ci sono tutte.
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