Ristorante Pepe Rosa, un attracco gastronomico nel porto di Capo d’Orlando

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All’interno del moderno porto di Capo d’Orlando, in un complesso polifunzionale che si sviluppa su oltre 180 mila metri quadrati tra spazi interni e banchine, caratterizzato da infrastrutture ispirate alla bioarchitettura e da servizi di prim’ordine, si trova questo locale affacciato sullo splendido mare della costa tirrenica.

Pepe Rosa è il ristorante della famiglia Magistro (i fratelli Antonio e Miriam) e del cognato Giuseppe Migliazzo. Nasce nel 2016 a Capo d’Orlando, in provincia di Messina, dall’idea imprenditoriale originaria di Antonio Magistro che sogna di portare un elemento di novità nel panorama dell’alta ristorazione orlandina.

Lo staff del Pepe Rosa

Nel giugno del 2018, il ristorante si trasferisce dal centro della cittadina al moderno porto turistico di Capo d’Orlando Marina, appena inaugurato. Diventando così punto di riferimento non solo per gli orlandini ed il comprensorio tirrenico e nebroideo, ma anche e soprattutto per i turisti e i fruitori del porticciolo che ormeggiano lì le loro imbarcazioni. Il ristorante conta circa 30 coperti nella sala interna. Nella bella stagione i coperti sono più che triplicati grazie allo spazio esterno che si affaccia sull’incantevole mare di Capo D’Orlando.

Baccalà al cubo

In cucina il giovane chef Domenico Perna che dopo aver frequentato l’alberghiero inizia a fare stage in cucina presso ristoranti di ottimo livello. Conquistato dall’organizzazione, dal rigore che si respira in cucina, decide di proseguire questa attività. Lavora al ristorante de Le Sirenuse di Positano, «al quale era appena stata assegnata la stella e la cui cucina era di impronta francese. Devo molto a quell’esperienza».

Lumache & lumache

Si trasferisce a Londra dove fa tappa al Baglioni, per poi lavorare in tanti ristoranti stellati – La Bottega di Ginevra, Il Comandante del Romeo Hotel di Napoli «con Salvatore Bianco, della scuola di Marchesi, con nuovi prodotti e tanta tecnica», fino a La Capinera di Taormina con Pietro d’Agostino e Il Cappero del Therasia Resort di Vulcano (Isole Eolie) dove è sous chef di Giuseppe Biuso. Con loro cresce la voglia di puntare sempre più in alto. E, nel caso della tappa eoliana, anche di tornare a casa.

Lo chef Domenico Perna

Al Pepe Rosa porta la sua idea di cucina: «Diretta, che limita l’ego dello chef in funzione dei prodotti, dai quali voglio tirar fuori la massima espressione; uso ingredienti del posto ma se ce n’è uno che è dall’altra parte del mondo e merita, lo portiamo qui». Affascinato dall’Oriente, meta di tanti suoi viaggi, e dai suoi sapori, è nato nel 1994 e cresciuto nella campagna di Patti (Messina), dove la famiglia aveva un bellissimo orto. «Lavoro molto i vegetali, con i quali è necessaria tanta tecnica, uso fermentazioni, marinature e ossidazioni». Una tecnica che lo affascina, e che per primo utilizza nella cucina locale, è la frollatura del pesce, un metodo di conservazione che coinvolge il raffreddamento del pescato ancora fresco. Il tutto avviene a temperature controllate per un periodo di tempo variabile, che può andare da poche ore o giorni a diverse settimane. Durante questo processo, gli enzimi naturali presenti nel pesce lavorano per decomporre le fibre muscolari, rendendo la carne più tenera e conferendole un gusto più pronunciato.

La splendida cantina

Nei suoi piatti gioca anche con una costante nota acida che è data da agrumi e aceti (di melograno, riso, Champagne). Tra i suoi must, la Ventresca dimenticata (Ventresca di Tonno dry aged 70 gg, caramello di carruba e Olandese all’acque di Porro fermentato) e il piatto invernale La Lumaca, che è un ricordo d’infanzia, di quando il nonno lo svegliava alle quattro di mattina per andare a raccoglierle dopo una notte di pioggia.

«Uso le interiora, e in generale tutte le parti del prodotto, per avvolgere un pesce e metterlo a frollare.

Ventresca dimenticata

Non ci sono sprechi in cucina; questo nell’ottica della sostenibilità, che deve anche essere economica». E forse perché sono gli stessi ingredienti il suo banco di prova e ispirazione conclude: «Li trovo, inizio a studiarli, cerco gli abbinamenti, i modi per valorizzarli. Con l’idea di puntare sempre al massimo, e con l’obiettivo di diffondere il nostro pensiero di divertire l’ospite» .

Una cantina molto ben fornita con più di 700 etichette completa l’offerta.

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