Ristorante Gagini, i segreti della stella italo-brasiliana

L'ingresso del Gagini in via Cassari
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di Maria Mattina
Quando Franco Virga e Stefania Milano decisero di aprire il ristorante Gagini, oltre dieci anni fa, la via Cassari – tra la Cala e la Vucciria – era un’anonima stradina del centro storico, poco consigliabile soprattutto di sera. E quando i due proprietari decisero di assumere lo chef italo-brasiliano Mauricio Zillo per compiere il definitivo salto di qualità del Gagini, eravamo ancora (inizio del 2020) nel pieno dell’incertezza per via della pandemia appena esplosa. Oggi la via dei Cassari è uno dei centri della movida palermitana, si è riempita di locali e localini, bar e alberghi. E a novembre 2021 il Gagini, grazie alla spinta di Zillo e della sua affiatata brigata, ha conquistato la prima stella Michelin. Verrebbe da concludere: due scommesse visionarie ma che sono state entrambe vinte. Nel frattempo Virga&Milano hanno ampliato la loro offerta nel campo della ristorazione che oggi comprende: Buatta, Aja Mola, Bocum, Libertà a Palermo e Stazione Vucciria a Finale di Pollina.

Lo chef Mauricio Zillo e dietro la brigata con, sulla sinistra, Franco Virga e Stefania Milano


Per il Gagini i due oggi fanno questa considerazione: “Il percorso intrapreso dieci anni fa non senza difficoltà e paure sembra oggi essere quello giusto e questo ci inorgoglisce. Oltre alla cucina di Mauricio, è stata forse premiata la nostra costanza insieme alla lungimiranza di avere investito in tempi non sospetti su un luogo defilato, definito poco affidabile dai più”.
Il Gagini si presenta all’interno con un design moderno, la cucina a vista, scelte di arredamento lineare e minimal che valorizzano ancor di più il fascino delle antiche mura che lo accolgono e che furono nel Cinquecento la bottega-laboratorio dello scultore Antonello Gagini.

Uno scorcio dell’interno del Gagini

La Guida Michelin così entra nel dettaglio: “Lo chef Mauricio Zillo, dalla doppia nazionalità italiana e brasiliana, è approdato a Palermo dopo belle esperienze in giro per l’Europa. La sua cucina è molto personale, ricca di contrasti ma equilibrata. Non poteva essere diversamente visto il suo curriculum e le sue origini! Il servizio è attento, elegante ma con quel tocco d’informalità che mette l’ospite a suo agio. La carta dei vini svela un’ottima ricerca anche di piccoli produttori regionali”.

La cucina a vista


Zillo è nato in Brasile, a San Paolo, da una famiglia italiana. Laureato in management aziendale, ha lavorato in una banca d’investimenti americana. Poi, a 26 anni, ha deciso di cambiare vita puntando alla carriera di chef. Ha iniziato a fare la gavetta in giro per il mondo da Alain Ducasse, Alex Atala, Juan Mari Arzak, Santi Santamaria. A 30 anni – nel 2011 – è arrivato in Italia, a Milano, al Pont de Ferr che all’epoca era un posto di sperimentazione, grazie allo chef Matias Perdomo di cui diventa il secondo in anni in cui il locale mieteva successi. Dopo qualche anno la nuova esperienza sempre sui Navigli a Milano, a fianco del Pont de Ferr, con il bistrot Rebelot. E lì fu la prima avventura come chef. Poi il grande salto a Parigi con un ristorante in proprio, “A Mere”. Dopo 3 anni un’altra esperienza a Barcellona e infine l’arrivo a Palermo. Come è andata? Ha raccontato Zillo al Gambero Rosso: “Franco Virga mi aveva chiamato quando stavo andando a Barcellona, ma avevo già dato la mia parola e non potevo tirarmi indietro, anche se questa cosa mi era rimasta in testa. Dopo Barcellona stavo per spostarmi in Cina ma ho dovuto fermare tutto per via del contagio. E allora ho detto perché no? Palermo è una città incredibile ed è la capitale della Sicilia e la Sicilia è un autentico luna park per un cuoco. Qua c’è tutto e non manca nulla in termini di prodotto e di sapori. Sembra fatto su misura per lo stile della mia cucina. E infatti sono tantissimi i produttori, i contadini e gli artigiani con cui ho sempre lavorato. Tutto è della miglior qualità perché qui c’è tutto: mare, alta montagna, vulcano”.

Lo chef Mauricio Zillo


Il periodo del Covid passa per Zillo a studiare e sperimentare, lo chef coglie il grande potenziale dei mercati cittadini, con pazienza prova i primi piatti con i prodotti particolari siciliani, forma la brigata. Spiegano Virga e Milano: “Nessuno meglio di Mauricio avrebbe saputo capire e interpretare la Sicilia, quella dei prodotti di qualità, artigianali, unici e dalle mille declinazioni che di questi si possono fare combinandoli con sensibilità, estro e spregiudicatezza. Il risultato è una cucina autenticamente siciliana, figlia delle dominazioni e delle influenze, della multiculturalità e dell’accoglienza, una cucina che ha saputo fondere sapori ancestrali e forme contemporanee, una cucina che solo un figlio di una cultura meticcia come quella brasiliana avrebbe saputo concepire e realizzare. Mauricio prova e assorbe, quotidianamente, l’esprit du lieu: assaggia ovunque, dai ristoranti ai chioschi dello street food, approfondisce la conoscenza della cultura gastronomica locale, scopre e rielabora ricette della tradizione, le stravolge, le disseziona e conferisce loro nuova e moderna identità”.

Lo chef all’opera in cucina al Gagini

In questa ottica di innovazione e di eccellenza coniugate insieme, la cantina, 850 etichette, curata dal sommelier Gian Marco Iannello, è davvero particolare ed è stata una delle prime in Sicilia ad accogliere i vini naturali in ambiente di haute cuisine, a fianco delle grandi bottiglie della tradizione enoica italiana e siciliana. Con gli abbinamenti consigliati per i menù si possono conoscere i piccoli produttori dell’Isola in grado di sperimentare su un livello di qualità degno di un ristorante stellato.
Il Gagini, oltre alla carta, propone tre menù degustazione: 4 portate 115 euro con wine pairing a 50 euro; 6 portate a 140 euro con wine pairing a 70 euro; 8 portate a fantasia dello chef 160 euro più 90 di wine pairing.
Abbiamo provato il menù 8 portate con gli abbinamenti il 20 giugno. Un viaggio complesso ma sostenibile nella creatività dello chef, omogeneo e affascinante melting pot tra particolarità tutte siciliane e tecniche di cottura e mise en place d’alta scuola.
Ecco i piatti.
Dopo l’amuse bouche si comincia con gli antipasti:
Zucchina con anguria fermentata e quenelle di anemoni di mare


Tonno rosso, sommacco del Palermitano, ravanelli, pale di fico d’India e acqua di tortarello


Carpaccio di vacca di AllevaBio, bearnaise, cozze e nocciola di Tortorici


Poi due primi:
Caramelle di matambre di vitello al latte di capra girgentana, macco di fava cottoia modicana e sesamo di Ispica


Cassatelle di ricotta di bufala ed aringa affumicata, in brodo di carciofo di Menfi e cedro



I secondi:
Baccalà, fagiolini, marinda di Pachino e gremolada di olive nocellara


Diaframma di manzo, lumache delle Madonie, aglio di Nubia e capperi di Pantelleria


Il dolce (dopo il predessert):
Albicocche di Scillato, flan alla confettura di latte di pecora e noci

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