Un giovanissimo chef palermitano per la ripartenza del Charleston
di Maria Mattina
La ripartenza del Charleston a Palermo ha il volto di un giovane chef palermitano. Superate le difficoltà della pandemia, il 27 aprile scorso lo storico ristorante ha riaperto i battenti della villa liberty che lo ospita a Mondello e si presenta al rilancio con gli eleganti saloni tirati a lucido e gli ampi spazi verdi esterni pronti a ospitare eventi. In cucina all’opera c’è Gaetano Verde, classe 1995, che ha già conquistato vecchi e nuovi clienti.
La sua è una carriera che ha bruciato le tappe. Dopo il liceo classico Umberto I, decide di puntare tutto sulla sua passione per la cucina, coltivata da autodidatta e poi con le primissime esperienze al ristorante A’Cuncuma. Lascia quindi Palermo, consapevole che deve studiare e imparare presso grandi maestri della cucina internazionale. Approda così a Taverna Estia (2 Stelle Michelin) a Brusciano, nel Napoletano, che è il suo vero trampolino di lancio. Si trasferisce successivamente al Ledbury a Londra (2 Stelle Michelin) e poi a Parigi dove ha l’opportunità di lavorare con maestri come Joël Robuchon (scomparso nel 2018, era lo chef più stellato del mondo, con 32 stelle Michelin attribuite ai diversi ristoranti durante la sua carriera). Sempre a Parigi, l’esperienza di collaborazione con lo chef Mathieu Pacaud e infine ad arricchire la sua esperienza si aggiunge tra l’altro il lavoro svolto presso il Ritz.
Gli anni parigini – racconta – rappresentano l’esperienza più formativa, dove la ricerca della perfezione tecnica e una sostanziale attenzione verso le materie prime diventano due tasselli fondamentali del suo percorso in cucina. Ma Parigi è molto di più per il giovane chef, una città stimolante in cui lasciarsi contaminare da arte, jazz e un ambiente internazionale.
Tornato nella sua Palermo, Gaetano Verde a 27 anni ha appena assunto l’impegnativo ruolo di Executive Chef del ristorante Charleston, sposando il progetto ambizioso di ripartenza della proprietà per una vera e propria istituzione della ristorazione. Con lui il compagno di scuola, il Sous Chef Claudio Terranova e, direttamente dalla Francia, la Pastry Chef Mathilde Bonnehon.
Nato il 21 ottobre 1967 in pieno centro, a Piazzale Ungheria (è il luogo dove anche il Principe Tomasi di Lampedusa trascorreva il proprio tempo), nel 1969 il ristorante creò una sede estiva all’Antico Stabilimento Balneare di Mondello, che diventò poi unica sede alla fine degli anni Novanta. Nell’arco degli anni il Charleston ha meritato prestigiosi riconoscimenti come le due stelle della Guida Michelin, ed è stato in quell’epoca il primo ristorante da Firenze in giù a ricevere questo onore. Per non parlare delle Quattro Forchette della Guida “Veronelli”, nonché altri premi delle Guide “Pirelli” e “Gambero Rosso”. Il Charleston ha ospitato numerosi personaggi illustri del mondo della politica, della cultura, dello spettacolo, della gastronomia e dell’enologia da Maria Callas a Papa Giovanni Paolo II, passando per Presidenti della Repubblica e Primi ministri. Nel 2011 il trasferimento nella villa del Conte Bernard de la Gatinais, la dimora in stile liberty che è l’attuale sede (viale Principe di Scalea 37).
E’ una grande emozione lavorare qui – spiega lo chef – ma è anche un modo per dimostrare il proprio valore ad amici, conoscenti e persino agli ex professori del liceo Umberto (uno era presente in sala la stessa sera della nostra visita!). Scherzi a parte, la sua è una cucina giovane, attenta allo studio della “materia prima” che si concretizza nella ricerca di allevatori, pescatori, agricoltori, casari che hanno fatto della qualità il loro punto di forza; in un percorso dove tecnica e conoscenza interagiscono, mirando ad offrire un’esperienza di gusto, frutto della simbiosi fra arte e artigianato. Una cucina “istintuale”, come la definisce lo chef, dove rigore e tecnica acquisiti in Francia sono le basi imprescindibili per potersi anche divertire e lasciar spazio all’improvvisazione in cucina. Grazie a una materia prima strabiliante, ai sapori, ai colori e ai ricordi della Sicilia e, infine, alla grande padronanza tecnica, nascono anche abbinamenti inconsueti. Piatti dai sapori netti, in cui non c’è spazio per la confusione, ma la cui lettura sia immediata a chi li assaggia, dove la materia si riconosce in sé. Una cucina felice, in cui si riflette l’armonia di una squadra, composta da giovani talenti, che si diverte, ma con rigore. Perché, secondo lo chef, “è solo con tutti questi ingredienti che si può esprimere tutta l’emozione in un piatto”.
Concorde la proprietaria Mariella Glorioso, che rileva la serenità e lo spirito di collaborazione che regna nella nuova brigata di cucina. “Il Charleston – osserva – è un pezzo di storia di Palermo, della nostra tradizione. Lo abbiamo messo nelle giuste mani per poterlo trasmettere in sicurezza anche alle prossime generazioni. Il mio più grande augurio è che la passione, l’amore e la dedizione, finora profusi, possano continuare ancora a regalarci nuovi ambiti traguardi”.
Oltre al menù alla carta, lo chef propone due menù degustazione liberi (da 8 o 10 portate) e un menù Mediterraneum tutto di pesce che abbiamo provato con gli abbinamenti di vini consigliati da Giorgio Dragotta, storico sommelier del Charleston e memoria storica: vi potrà raccontare tanti aneddoti e le vicende delle bottiglie d’epoca sugli scaffali diventate cimeli storici.
Tartare di fasolari, insalata di polpo e sedano rapa con olio al prezzemolo e boccone di mare con maionese al lime
Una cena con piacevoli curiosità gastronomiche, dal pane sfogliato al burro, una vera leccornia, al gelato al pane, decisamente buonissimo.
Una tappa assolutamente da non perdere nell’orizzonte del buon cibo siciliano.
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