“Brueghel. Capolavori dell’arte fiamminga” dal 21 settembre 2016 al 19 febbraio 2017 alla Venaria di Torino
Dopo l’importante successo della tappa bolognese, l’esposizione interamente dedicata alla dinastia dei Brueghel – inventori di un modo di dipingere che ben presto divenne “il marchio” di eccellenza nell’arte pittorica di una dinastia attiva per oltre due secoli – approda nelle Sale delle Arti della Reggia di Venaria dal 21 settembre 2016 al 19 febbraio 2017.
Con il patrocinio di Città di Torino, la mostra è prodotta e organizzata da Arthemisia Group nelle Sale delle Arti de La Venaria Reale e curata da Sergio Gaddi e Andrea Wandschneider Direttore del Paderborn Städtische Galerie in der Reithalle.
Le opere esposte ripercorrono la storia – lungo un orizzonte temporale di oltre 150 anni – di cinque generazioni attive tra il XVI e il XVII secolo analizzando la rivoluzione realista portata avanti dal geniale capostipite della famiglia Pieter Brughel il Vecchio, seguito dai figli Pieter Brueghel il Giovane – colui che ha ripercorso il successo paterno con opere come la Danza nuziale allʼaperto (1610 ca.) e La trappola per gli uccelli (1601) – e Jan Brueghel il Vecchio, detto anche dei Velluti per la sua straordinaria perfezione pittorica.
Di Jan Brueghel il Giovane (figlio di Jan Brueghel il Vecchio) è esposta la bellissima versione delle Tre grazie con cesto di fiori realizzata nel 1635 insieme a Frans Wouters, mentre di Abraham Brueghel (pronipote di Pieter Brughel il Vecchio e specializzato nelle nature morte) è presentata la Grande natura morta di frutta in un paesaggio (1670). Marten van Cleve è tra i più attenti al lavoro del capostipite della famiglia e realizza, tra il 1558 e il 1560, la straordinaria serie di sei tavole del Matrimonio contadino attualizzando anche temi evangelici come quello de La Parabola del buon pastore (1578 circa).
La rassegna è un viaggio appassionante nel Seicento alla ricerca del genio visionario di ben cinque generazioni di artisti in grado di incarnare coralmente – come mai nessuno né prima né dopo di loro – stile e tendenze dell’epoca d’oro della pittura fiamminga. Ma il percorso vuole essere anche per il visitatore un invito a vivere un’esperienza giocosa e interattiva mettendo in contatto lo spettatore con i soggetti della Natura maggiormente rappresentati nelle opere, sbirciando tra i segreti degli uomini e – per esempio – “presenziando alle nozze contadine”.
LA MOSTRA
Importante novità della tappa torinese è rappresentata da alcune opere risalenti alla metà del Cinquecento, periodo di piena attività di Pieter Brueghel il Vecchio. Ad Anversa, il capostipite della dinastia – oltre a essere apprezzato come un radicale rinnovatore dei temi biblici – è anche conosciuto e lodato per la qualità delle sue raffigurazioni del mondo popolare. Un occhio puntato impietosamente sulla vita per come effettivamente si svolge, sulle opere di carità, ma anche sulle debolezze e sulle miserie quotidiane che riguardano tutti, è quello ad esempio de Le sette opere di misericordia (1616-18 circa) di Pieter Brueghel il Giovane. La Natura – forte e vigorosa, che sovrasta l’uomo spesso succube e sottomesso di fronte alla sua potenza – assume pienamente il ruolo di vera protagonista della storia umana e viene rappresentata con una ricchezza visiva, una cura nel dettaglio e una bellezza compositiva mai vista prima nella storia della pittura come nel minuzioso e dettagliato Paesaggio con la parabola del seminatore di Pieter Brueghel il Vecchio e Jacob Grimer del 1557. In mostra un’importante selezione di artisti – da Frans de Momper a Frans Francken, da Hendrick van Balen a Joos de Momper, a molti altri che hanno collaborato a dar vita a una delle pagine della storia dell’arte più ricche, articolate e affascinanti – insieme ai membri della famiglia Brueghel, veri maestri del dettaglio e specialisti nella pittura di animali, di fiori e di oggetti.
LE SEZIONI
Il giudizio morale, natura regina, soldati e cacciatori, viaggiatori e mercanti, allegorie e parabole, splendore e vanità, vita silente e danza degli ultimi: attorno a questi gruppi tematici che intitolano le sezioni della mostra si sviluppa il racconto appassionante delle realtà della vita e la meticolosa attenzione con la quale viene descritto il mondo, specchio nel quale riflettersi.
Prima sezione – Il giudizio morale, tra salvezza e condanna
Il percorso della mostra parte dalle Fiandre della metà del Cinquecento per sottolineare il dialogo tra la fantasia morale e visionaria de I Sette peccati capitali di Hieronymus Bosch (1500 – 1515) e la pittura di Pieter Brueghel il Vecchio, capostipite della più importante famiglia di artisti fiamminghi del XVI e XVII secolo e presente in mostra con La resurrezione del 1563 circa. Lo sguardo di Brueghel si posa su un’umanità semplice, libera ma al tempo stesso schiava dei bisogni, in continuo movimento tra le tendenze spirituali alla virtù e le seduzioni carnali del vizio.
Seconda sezione – La natura regina
La rivoluzione copernicana della pittura fiamminga non considera l’uomo quale centro dell’universo ma lo porta a essere parte di un mondo più forte e complesso. Anche per gli effetti della Riforma protestante e delle teorie calviniste, l’attenzione dell’arte si sposta verso il primato della natura, che soprattutto Jan Brueghel il Vecchio detto dei Velluti, dipinge con una meticolosa attenzione nel Riposo durante la fuga in Egitto (1602-1605 circa) e nel Paesaggio fluviale con bagnanti (1595-1600 circa). Con queste opere inizia un percorso di nuova percezione della realtà, nasce lo stupore e il senso del limite umano di fronte alla potenza degli elementi di un mondo minaccioso ma attraente. La grande tela del Paesaggio boscoso con la Vergine e il Bambino, san Giovannino e un angelo (1645-1650 circa) di Jan Brueghel il Giovane ne è un esempio emblematico. Per la prima volta, rispetto alle precedenti tappe, in questa sezione le opere di van Cleve si rivelano subito molto popolari, tanto da essere ben conosciute dalla successiva generazione di artisti tra i quali Pieter Brueghel il Giovane. Alcuni studiosi ritengono che l’opera in mostra La parabola del buon pastore (1578 ca.) derivi da un originale di Pieter Brueghel il Vecchio andato perduto. L’incantevole tavola Villaggio fiammingo con contadini al lavoro nei campi (1565 circa) è il frutto della collaborazione tra Marten van Cleve e Jacob Grimmer.
Terza sezione – Soldati e cacciatori nella luce dell’inverno
La Trappola per uccelli (1601) è una delle scene più celebri della pittura fiamminga che Pieter Brueghel il Giovane propone con maestria sulla base della prima versione paterna. In una sublime atmosfera invernale, i cacciatori aspettano che gli animali cadano in trappola mentre uomini, donne e bambini pattinano sul fiume gelato, noncuranti del pericolo. L’idea della caducità della vita è resa in modo magistrale e questa sezione della mostra racconta gli aspetti più crudi e realistici della quotidianità. Un tema analogo è trattato da Marten van Cleve con il Paesaggio invernale con la Strage degli innocenti (1570 circa).
Quarta sezione – Storie di viaggiatori e mercanti
La città di Anversa nel Cinquecento è il fulcro dei commerci, delle spedizioni, dei grandi viaggi. Qui nasce e si consolida una nuova classe borghese, che sfida le imprevedibili rotte commerciali del mare in cerca di ricchezza. La pittura celebra le gesta e le avventure di viaggiatori e mercanti, le loro storie diventano spunto per quadri sempre più apprezzati e diffusi, destinati ad abbellire le case di una committenza colta e attenta alle nuove dinamiche di un mercato nascente. Riscuotono particolare successo le incisioni come Incontro tra viandanti di Jan Brueghel il Giovane del 1630 circa.
Quinta sezione – Le allegorie, racconti delle meraviglie
Grandi metafore visive, le allegorie sono un modo molto efficace per rendere visibili e immediatamente comprensibili concetti come l’amore, la guerra, la pace, gli elementi della natura e i sensi umani. Allegoria dell’amore (1648-1650 circa) e Allegoria dell’udito (1645-1650 circa) sono dipinti che dimostrano la particolare abilità di Pieter Brueghel il Giovane in questo genere di pittura. Il percorso narrativo della mostra si chiude con una serie di opere dal forte impatto emotivo che completano il percorso artistico e creativo della straordinaria dinastia Brueghel. Tra le novità presenti alla Reggia di Venaria spicca l’olio su rame Le Tre Grazie con un cesto di fiori (1635 circa) di Jan Brueghel il Giovane e Frans Wouters, allievo di Rubens. Il dipinto è in chiara relazione con il celebre quadro del grande maestro fiammingo conservato a Vienna, uguale per soggetto e impostazione, ispirato al gruppo scultoreo appartenente ai Piccolomini. Nel quadro esposto è facile riconoscere la mano di Frans Woutersche che realizza le figure femminili con il celebre plasticismo del maestro, mentre Jan Brueghel si dedica con tutta la sua abilità nella resa del paesaggio e del grande canestro floreale. È questo il momento di massimo splendore dello “stile Brueghel” grazie ai dettagli che brillano di tocchi sgargianti e minuziosi, ai colori smaglianti, alla vena fantasiosa – come in Ninfe dormienti spiate da un satiro (1640 c.) di Jan Brueghel il Giovane e Jan van Boeckhorst – che caratterizzano la scuola fiamminga in tutta Europa.
Ulteriore figura di particolare interesse presentata alla Venaria Reale è Paolo Fiammingo, importante pittore nordico naturalizzato italiano. In lui confluiscono con maestria, complice un lungo viaggio nella Penisola, la grande lezione della pittura rinascimentale italiana, il colorismo veneto e il gusto per i particolari e per il paesaggio tipico della pittura fiamminga.
Diana e le Ninfe spiate da Atteone (1580 circa) è un’ampia lastra di rame tagliata in grande spessore secondo la tecnica cinquecentesca, che vede Atteone prima trasformato in cervo e poi divorato dai suoi stessi cani, come punizione per aver spiato la dea Diana e le sue ninfe mentre erano intente a riposarsi presso un fiume dopo le fatiche venatorie. La scena è ambientata in un fitto bosco, in cui ogni singola foglia è indagata con perfezione millimetrica, mentre al centro della scena una piccola natura morta floreale mostra la bravura di Paolo Fiammingo nella rappresentazione degli elementi vegetali che la scienza coeva aveva iniziato a catalogare. La fascia centrale del dipinto, invece, è interamente occupata dai sensuali e slanciati corpi nudi solo parzialmente avvolti con drappi dai colori elettrici e vibranti, anch’essi agitati in ampie volute dal sapore proto-barocco.
Sesta sezione – Splendore e vanità della vita silente
Se è vero che i fiori sono il simbolo dell’armonia e della ricchezza, è anche vero che nascondono sempre l’idea della vanitas, di ciò che non dura perché ogni cosa bella è destinata a perire. E anche nelle grandi nature morte in realtà si percepisce lo scorrere della vita silente, che esiste con discrezione. Il messaggio morale caducità del tempo è evidenziato da dettagli come un frutto più maturo, o una foglia morta. Nella Natura morta con fiori in un cesto e in un vaso d’argilla (1640-1645) Jan Brueghel il Giovane sceglie come vaso un’urna cineraria, come volesse ricordare la meta comune e inesorabile. Di particolare pregio le piccole composizioni di Natura morta con fiori (1660-1665) e Vaso con tulipani e dalie (1645-1650 circa) di Ambrosius Brueghel.
Settima sezione – La danza degli ultimi
I Brueghel sono narratori di fatti e di storie. Nelle loro opere c’è il racconto della vita vera, ci sono contadini piegati dalla fatica del vivere, ubriachi, mendicanti, personaggi dipinti solo di spalle e figure anonime che percorrono il loro tratto di esistenza ignari e indifferenti all’osservatore esterno che guarda il quadro.
La Danza nuziale all’aperto del 1610 e La Sposa di Pentecoste di Pieter Brueghel il Giovane (1620-1623) sono opere emblematiche. A chiudere il percorso Marten van Cleve con Coppia di contadini assalita dai briganti (1576 c.) presente per la prima volta a Torino. L’evento è consigliato da Sky Arte HD. Catalogo edito da Skira.
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