Al Teatro Biondo un cast eccezionale per “Dipartita finale”
Gianrico Tedeschi, Ugo Pagliai, Franco Branciaroli e Maurizio Donadoni: un cast eccezionale per uno spettacolo originale e divertente, che riflette sulla vita, sulla morte e sul teatro. Dipartita finale, scritto dallo stesso Branciaroli e prodotto da CTB Centro Teatrale Bresciano e Teatro de Gli Incamminati, sarà in scena al Teatro Biondo di Palermo dal 15 al 24 marzo, dopo una lunga e fortunata tournée. In scena anche Sebastiano Bottari; Margherita Palli firma le scene e Gigi Saccomandi le luci.
Dopo l’apprezzata edizione di Finale di Partita di Beckett del 2006, Franco Branciaroli firma un nuovo testo ascrivibile alla stessa atmosfera dell’assurdo che vede protagonisti tre clochard, Pol, Pot e il Supino. Giunti alla fine dei loro giorni, i tre si trovano alle prese con le “ultime questioni” cui li costringe Totò, travestimento della morte.
I barboni, accampati in una baracca sulle rive del Tevere, immaginano di rifugiarsi dall’imminente catastrofe della fine del mondo. Pol e Pot consapevoli della fine, l’attendono e la desiderano con timore; il Supino, invece, si crede eterno e può ancora permettersi di riflettere sul senso della sua esistenza e fare progetti per il futuro.
«Si tratta di una parodia – spiega l’autore/regista Branciaroli – un western, un gioco da ubriachi sulla condizione umana dei nostri tempi, con tre barboni che giacciono in una baracca sulle rive di un fiume, forse il Tevere, e con la morte, nei panni di Totò menagramo, che li va a trovare impugnando la falce».
L’amara ironia che attraversa questa storia la rende “lunare”, più che assurda, rappresentativa di una umanità povera di valori – condizione diffusa dei nostri tempi – attaccata alla misera speranza.
Dalla necessità che li costringe a vivere insieme, perseguita con strumenti irresistibilmente divertenti, emerge proprio la speranza, vera forza dell’uomo, che riserverà ai nostri clochard un finale a sorpresa.
Note dell’autore
«Ci si difende dall’angoscia da sempre. L’angoscia è la mancata perfezione della vita. Affidarsi a Dio, venirne uccisi per salvarsi, addirittura ucciderlo per questo: finora. È morto, adesso, per chi lo percepisce davvero. Non morto per noi, non più; scomparso. I più lo ignorano nel profondo perché indifferenti. Con Lui tutto ciò che è assoluto valore è scomparso. Però l’angoscia resta e cresce: vieppiù. La realtà è senza ideale, la natura senza luce. Ebbene, l’opera d’arte (sperando che sia arte) deve essere capace, oggi, di suscitare in qualcuno la convinzione che in essa sia presente quel senso ultimo del mondo che è il trovarsi privi di Dio; e naturalmente la disperazione che ne consegue. Di aver perso il rimedio per allontanare la sofferenza e la morte. Il sapere umano pensa già alla costruzione di una vita umana in cui sofferenza e morte siano allontanate il più possibile: la
realizzazione di un mondo nuovo che anticipi l’Apocalisse: nuova terra, nuovo cielo. La scienza, la potenza umana, sostituisce Dio. Si assomigliano molto, Dio e scienza, più di quanto solitamente si creda. La scienza adesso non limita nessuna azione; non vi è morale o etica perché non c’è più nessun valore assoluto, nessun Dio. Non ci sarà nessuna “natura” da rispettare. Si andrà oltre la “natura”. Ci si difende dall’angoscia cercando la forza più potente: il sapere umano, o meglio, la “tecnica” che ne è conseguenza. Si potrà diventare anche immortali. Tutti i limiti saranno valicati. Immortale non è eterno; qualcuno tenterà di lasciare aperta la porta al divino, al passato di una cultura immensa da cui non si può prendere un definitivo congedo».
Franco Branciaroli
Dipartita finale
di Franco Branciaroli
regia Franco Branciaroli
con (in ordine anagrafico)
Gianrico Tedeschi, Ugo Pagliai, Franco Branciarioli, Maurizio Donadoni
e con Sebastiano Bottari
scene Margherita Palli
luci Gigi Saccomandi
produzione CTB Centro Teatrale Bresciano / Teatro de Gli Incamminati
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