“Euploia, buona navigazione” di Sebastiano Tusa
Venerdì 13 novembre alle 18 la sede Rai di Palermo ospiterà la presentazione del più recente libro di Sebastiano Tusa, responsabile della Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana.
Il volume si intitola Euploia, buona navigazione ed è pubblicato dall’editore di Castelvetrano Angelo Mazzotta. Parleranno del libro Francesca Spatafora e Alberto Romeo.
Di seguito la sinossi del libro.
Una “buona navigazione” alla scoperta del patrimonio storico archeologico e culturale marino nella Sicilia occidentale.
La mia passione per il mare, anomala per chi proveniva da una famiglia di agricoltori e montanari (anche se attutita da una discreta passione per la balneazione da parte della famiglia di mia madre che mi permise di trascorrere del tempo sulle ghiaiose spiagge di Calderà e Cicerata tra Barcellona Pozzo di Gotto e Milazzo) crebbe, si consolidò e divenne “scienza” grazie alle lunghe giornate e nottate di mare trascorse durante le tante estati della mia giovinezza passate a Selinunte.
Ai tanti giovani e meno giovani pescatori selinuntini devo tutto ciò che ho imparato sul mare e del mare. Da loro ho appreso i rudimenti del navigare, del predire i mutamenti meteorologici, delle costumanze dei pesci per meglio catturarli e tutte quelle regole non scritte, ma tramandate di generazione in generazione che mi fecero “capire”, “rispettare” ed amare il mare.
Erano gli anni durante i quali il forte stimolo familiare verso la storia antica e l’archeologia si animava silenziosamente in me agevolato dal vivere quotidianamente tra le rovine di Selinunte inoculando inconsciamente ogni giorno forti dosi d’inevitabile passione e fascino verso l’antico. Ma la vera e propria passione professionale verso l’archeologia venne in seguito e fu allora che il connubio mare-archeologia divenne naturale anche se non come pratica totalizzante della mia attività di giovane archeologo poiché condivisa con gli interessi verso la preistoria e l’Oriente. Tuttavia, proprio in quel periodo iniziale della mia carriera di archeologo indimenticabile fu l’esperienza come semplice studente volontario addetto a qualsiasi compito nella missione archeologica subacquea diretta da Honor Frost cui si deve il recupero della ben nota nave punica di Marsala.
Sarebbe passato del tempo per diventare protagonista nel settore dell’archeologia subacquea al livello istituzionale. Ciò avvenne grazie ad uno di quei felici incontri basati su identità di vedute ideali e disinteressate tra tecnici e politici che, quando avvengono, producono esiti assolutamente eccezionali.
L’esigenza di dotare la Sicilia di una compagine professionalmente valida per ricercare, proteggere e valorizzare l’immenso patrimonio storico-culturale subacqueo dei nostri mari cresceva in me costatando che tutto ciò che era stato fatto fino allora era il frutto o di affidamento incontrollato a società e gruppi di ricerca esterni o dell’appassionato lavoro di chi aveva la sensibilità e la preparazione per lavorare positivamente in questo settore, come nel caso eoliano grazie alla formidabile attività di Luigi Bernabò Brea e Madeleine Cavalier o palermitano conseguente alla lungimiranza di Vincenzo Tusa che intuì la necessità di dialogare con i subacquei di allora.
La necessità di creare una struttura funzionale alla gestione di questo patrimonio, al pari delle altre grandi nazioni occidentali, fu subito compresa da due illuminati gestori del patrimonio
culturale siciliano attivi agli inizi del XXI secolo: un politico – Fabio Granata -, ed un alto dirigente della Regione Siciliana – Giuseppe Grado.
Il primo, assessore ai beni culturali, ed il secondo, dirigente del dipartimento dei beni culturali, furono gli artefici principali della traduzione di una esigenza tecnica in atti politici ed amministrativi tali da concretizzarla in una struttura ufficiale dell’ordinamento regionale. Fu così che, dopo un rapido percorso amministrativo e politico nacque la prima Soprintendenza del Mare d’Italia sul finire del 2004. La Regione Siciliana era riuscita ad allinearsi alle grandi nazioni occidentali laddove il resto d’Italia ancora brancolava nel buio rendendo inattiva fino a farla scomparire del tutto una struttura centrale –lo STAS (Servizio Tecnico di Archeologia Subacquea) – che avrebbe dovuto assolvere i compiti di coordinamento nazionale del settore.
Queste brevi e sintetiche note storiche ed autobiografiche le ritengo necessarie per spiegare a chi avrà l’amabilità di leggere le pagine seguenti che quanto descritto in seguito non è il frutto di un lavoro solitario, seppur affascinante, da assimilare ad una visione leggendaria dell’archeologia che si vede sui fumetti e nei film, bensì di gruppo.
Il mio compito è stato quello di porre l’attenzione su un settore vitale per la nostra storia e di essere riuscito a trasferire il mio entusiasmo in tanti altri che, interni ed esterni all’amministrazione pubblica, hanno contribuito ai risultati conseguiti. La mia esperienza mi induce ad essere sempre più convinto che il lavoro di squadra ben diretto è l’unica via valida verso il successo che nel nostro settore significa ottimo livello nella ricerca, efficacia nella tutela e coinvolgimento del pubblico riuscendo a comunicare bene ciò che troviamo e tuteliamo.
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