Nelle antiche cucine. Cucine storiche e cucine dipinte
Villa medicea di Poggio a Caiano 4 luglio – 25 ottobre 2015
La cucina, luogo identificativo del focolare domestico e simbolo della casa stessa e del nucleo familiare, è la protagonista della mostra che apre al pubblico il 4 luglio presso il Museo della Natura Morta della villa medicea di Poggio a Caiano. Curata da Maria Matilde Simari, la mostra si colloca nell’ambito di EXPO 2015 che ne ha dato il patrocinio, e offre un punto di vista originale ed inedito per entrare in contatto con un particolare aspetto della pittura di genere del Sei e del Settecento.
Le opere, provenienti dalle collezioni fiorentine e da altri musei e collezioni italiane, sono raccolte in tre sezioni: la prima dedicata alle rappresentazioni di interni di cucine; la seconda riservata alle figure preposte alla preparazione dei cibi, i cuochi; la terza, infine, alle dispense, luoghi annessi alle cucine destinati alla conservazione dei cibi, ma – soprattutto – definizione assegnata ad alcuni splendidi dipinti che raffigurano grandi varietà di cibi e di preparazioni culinarie.
La presenza in mostra di vari oggetti d’uso domestico dà modo di comprendere come gli artisti specializzati in questo genere pittorico nel Sei e Settecento traessero concreta ispirazione dagli ambienti e dagli oggetti della vita quotidiana. Alcuni famosi manuali di cucina del XVI e XVII secolo fra cui la celeberrima Opera di Bartolomeo Scappi, indicano come nel Seicento all’attenzione delle arti figurative verso la pittura di cucine corrisponda il profilarsi teorico dell’‘arte culinaria’, della figura del cuoco professionista e anche di progettazioni innovative di luoghi funzionali destinati alla preparazione dei cibi.
Un’importante iniziativa affianca l’evento espositivo: per la prima volta vengono aperte al pubblico le cucine “segrete” della Villa medicea di Poggio a Caiano, progettate ed erette tra il 1614 e il 1619 durante il regno di Cosimo II dei Medici. Queste cucine, chiamate segrete perché dedicate alla esclusiva preparazione per i cibi destinate al Granduca, e perciò separate dalle cucine comuni dove invece si preparavano i cibi per la corte, vengono presentate dopo un intervento di manutenzione e la loro messa in sicurezza. Saranno visitabili solo su prenotazione per tutto il periodo della mostra.
Le Cucine
Le prime rappresentazioni pittoriche di interni di cucine si hanno nella pittura fiamminga della metà del Cinquecento e sono caratterizzate in questa fase d’esordio dalla presenza di scene religiose, talvolta inserite sullo sfondo, e con stretti rimandi allegorici e moraleggianti. Sulla scia dei maestri fiamminghi si inserirono diversi pittori italiani come il cremonese Vincenzo Campi e il veneto Jacopo Bassano. Temi come Cristo in casa di Marta e Maria o la Cena in Emmaus divennero dunque l’occasione per sfoggiare brani di vita quotidiana derivati dalla vita reale del tempo. Il dipinto in mostra di un pittore della Scuola di Anversa con una Cena in Emmaus, dipinta in secondo piano e defilata rispetto al dettagliato ambiente dove due donne sono intente a cucinare, è un esempio significativo di questo genere pittorico che nasconde dietro alla piacevolezza descrittiva una a molteplicità di significati allegorici.
La rappresentazione di nature morte, che nei primi decenni del Seicento si diffonde in Italia, trova spesso il luogo previlegiato di ambientazione nella cucina dove, alle varietà di cibi e frutti, possono accompagnarsi utensili, vasellame e arredi domestici. Egualmente tale ambiente viene scelto come cornice di scene popolari o di personaggi dal sapore satirico o grottesco. L’uomo delle lumache di Filippo Napoletano, un affascinante piccolo dipinto che ripropone in molteplici modi il simbolo scaramantico delle corna, è così inquadrato in un interno di cucina dinnanzi a un’apparecchiatura rustica e improvvisata.
Nel corso del Seicento la raffigurazione dell’ambiente domestico e delle cucine conquista progressivamente una sua autonomia, grazie al contributo di artisti nordici come David Teniers e Monsù Teodoro, fino a divenire un vero e proprio ‘genere’ pittorico con artisti specializzati come Giovan Domenico Valentini e Andrea Bonanni le cui cucine, ormai scevre da significati moraleggianti, sono luoghi di elezione per esaltare, anche in modo iperbolico, le forme e la varietà degli oggetti del vivere quotidiano.
I Cuochi
La seconda sezione della mostra è dedicata alle figure che popolavano le antiche cucine. In ambienti densi di ombre sono al lavoro cuochi, cuoche, fantesche e garzoni dinnanzi a banconi di legno ingombri di cibarie, sistemati accanto a scaffalature occupate da utensili o oggetti.
Il Cuoco del maestro denominato Pensionante del Saraceni, dalla forte impronta caravaggesca, e il cosiddetto Pollarolo assegnato a Camillo Berti, esemplificano le pitture dei primi decenni del Seicento in cui la presenza della figura umana al lavoro si affianca a splendide nature morte definite da luci taglienti. La stessa cosa accade con la Cuoca di Andrea Commodi e quella del Museo di Pesaro che presentano un abbigliamento simile, con cuffietta bianca e scialletto rosso appuntato sul grembiule scuro. Quest’ultimo dipinto, assegnato all’Empoli con l’apporto del suo collaboratore Filippo Tarchiani, è stato restaurato in occasione della presente mostra e ha così ritrovato la fisionomia della giovane cuoca riproponendo in questa sede la questione del riconoscimento della mano che la eseguì.
In pitture cronologicamente successive prevale la descrizione di ambiente in cui la figura umana è protagonista. La Cuoca di Niccolò Cassana (documentata al 1707) ha le sembianze della seconda avvenente moglie del pittore.
I celebri manuali di cucina di Cristoforo Messisbugo (prima edizione nel 1549) e di Bartolomeo Scappi (prima edizione nel 1570), ristampati numerose volte nel corso del XVII secolo, testimoniano l’interesse e il diffondersi delle tecniche culinarie e delle varietà gastronomiche. Entrambi i trattati hanno un’impostazione didattica e si rivolgono a “Scalchi, Credenzieri e Cuochi” che desiderano perfezionarsi in quella che già dalla fine del Cinquecento diviene “l’arte del cucinare”.
Le Dispense
Le dispense erano luoghi essenziali nell’organizzazione degli spazi articolati delle antiche cucine aristocratiche e signorili. In esse si conservava il cibo destinato alle mense di decine e decine di commensali per cui la grande varietà e abbondanza di provviste richiedevano ambienti ampi e attrezzati.
Anche le cucine della Villa di Poggio a Caiano erano dotate di grandi dispense, una delle quali – la più grande – era situata tra la cucina segreta, dove si preparavano i cibi esclusivamente per il granduca, e la cucina comune riservata alle preparazioni per la corte.
Sono famosi i quattro dipinti raffiguranti Dispense di Jacopo Chimenti detto l’Empoli, datati tra il 1621 e il 1625, tre dei quali esposti in mostra. In essi si rappresenta con lucido verismo e con acuta sensibilità pittorica una straordinaria varietà di cibi, dai salumi ai vegetali, dalle carni e volatili ai formaggi e ai frutti, associati al corredo di stoviglie necessarie alla cucina e alla mensa. Difficile dire se davvero i dipinti raffigurino delle dispense come il loro tradizionale titolo li classifica. Certamente è la varietà, il carattere che ha indotto a dare tale titolo alle pitture. La stessa varietà di cibi disposti su tavoli insieme a pentole, piatti e utensili – isolati in nitidi primi piani – si riscontra nelle altre pitture del Sei e Settecento qui esposte.
Si tratta, in realtà, di nature morte dove però è prevalente l’aspetto del cibo predisposto per essere cucinato o per essere servito alla mensa e quasi sempre accompagnato da oggetti legati alla loro preparazione o al loro consumo.
La presenza nei dipinti di coltelli, di conche di rame, di taglieri, di brocchette in ceramica sottintende un’ambientazione in un luogo annesso alla cucina o magari nella cucina stessa. Certamente gli interessanti ritrovamenti di oggetti d’uso quotidiano avvenuti durante i recenti scavi effettuati dalla Soprintendenza archeologica sotto il complesso degli Uffizi e presenti in mostra, testimoniano come nei dipinti fossero raffigurati manufatti consueti, destinati al più comune uso domestico e molto diffusi nelle cucine del Seicento.
Le cucine “segrete” del Granduca Cosimo II
Durante il periodo della mostra saranno visitabili le antiche cucine della villa di Poggio a Caiano, le cosiddette cucine “segrete”, luogo di grande suggestione, che ha conservato intatto il fascino degli ambienti domestici del passato, con il suo grande camino, i piani di cottura, le dispense per la conservazione delle provviste.
Fino al primo decennio del Seicento diverse cucine erano dislocate all’interno della villa, sia al pian terreno sia al secondo piano. La decisione di accorpare i diversi luoghi destinati alla preparazione dei cibi in unico grande complesso, esterno, ma collegato all’edificio principale, si deve a Cosimo II e alla moglie Maria Maddalena d’Austria. Il granduca Cosimo II era salito al trono a diciannove anni nel 1609 e amava circondarsi di una corte numerosa: quest’aspetto di socialità mondana e giovanile influì sulla decisione di costruire un nuovo funzionale edificio per le cucine nella villa del Poggio in modo da poterla rendere più ospitale e accogliente.
Il 20 settembre 1614 Cosimo II dà l’avvio alla nuova costruzione incaricando l’ingegnere granducale Gherardo Mechini della progettazione e del coordinamento dei lavori ultimati, poi, nel 1619 e costati la notevole cifra di 9344,4 scudi. Una planimetria delle cucine del XVII secolo conservata presso l’Archivio di Stato di Firenze illustra la suddivisione e l’organizzazione degli spazi delle cucine progettate dal Mechini. Dal “passo della vivanda”, un lungo corridoio di collegamento con la villa, si accedeva al complesso delle cucine, articolato in due edifici separati: la cucina “comune”, utilizzata per le preparazioni destinate alla corte (trasformata nel secolo scorso in appartamenti e ora non visitabile) e la cucina “segreta” che provvedeva alla mensa privata del Granduca. Fra le due cucine si apriva un lungo cortile con loggiato utile per tutte le attività che era preferibile svolgere all’aperto (macellazioni, manutenzioni di strumenti, preparazioni per la conservazione di cibi ecc.).
La mostra a cura, come il catalogo edito da Sillabe, di Maria Matilde Simari, è promossa dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo con il Segretariato regionale del Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del turismo della Toscana e il Polo Museale regionale della Toscana, la Ex Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze, la Villa Medicea di Poggio a Caiano e Firenze Musei.
Leave a comment