La Santa Rosalia di Van Dyck dal Metropolitan Museum of Art a Palazzo Abatellis  

Santa Rosalia di Van Dyck
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Grazie agli accordi fra la Regione Siciliana-Assessorato dei Beni Culturali e dell’identità siciliana, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Turismo e il Metropolitan Museum di New York, siglati al tempo del rientro in Sicilia della cosiddetta Venere di Morgantina, torna a Palermo a Palazzo Abatellis, dopo quasi quattro secoli, il dipinto di Anton Van Dyck raffigurante Santa Rosalia intercede per Palermo, già nella celeberrima collezione messinese di Don Antonio Ruffo e al Metropolitan dalla fine dell’Ottocento.

La mostra, che resterà aperta dal 9 luglio al 27 settembre 2015, sarà inaugurata giovedì 9 alle ore 11.

Il dipinto assume per Palermo un forte valore simbolico ed evocativo, trattandosi di una delle tante versioni che hanno per soggetto la Santa patrona della città, realizzate dal pittore fiammingo nel corso del suo breve ma intenso soggiorno palermitano tra la primavera del 1624 e il settembre del 1625.

Per questo si è voluto che la Santa Rosalia di Van Dyck giungesse a Palazzo Abatellis proprio agli inizi di luglio, pochi giorni prima del “Festino”, e che vi rimanesse esposta per circa tre mesi, fino alla fine di settembre, comprendendo così le due date storiche – il 15 luglio e il 4 settembre – della sentita devozione alla “Santuzza”, che da secoli ogni anno si rinnova con una straordinaria partecipazione popolare. Un’occasione unica, quindi, non solo per i palermitani ma anche per turisti e viaggiatori che in questi mesi visiteranno la città, per poter ammirare un così prezioso dipinto, collocato all’interno del percorso espositivo, nella “sala rossa” dell’ala settecentesca, dedicata alla pittura del Seicento, in stretto dialogo con altri dipinti di ambito vandyckiano che appartengono alle collezioni della Galleria.

 

VAN DYCK A PALERMO, LA PESTE, SANTA ROSALIA

 

Giunto a Palermo nella primavera del 1624, appena venticinquenne ma già pittore affermato e ritrattista di fama, probabilmente chiamato dal viceré Emanuele Filiberto di Savoia, nipote diretto di Filippo II di Spagna, per fargli eseguire il proprio ritratto (identificato con quello oggi alla Dulwich Picture Gallery di Londra), Anton Van Dyck è spettatore di avvenimenti cruciali per la storia della città. Infatti nella stessa primavera del 1624, com’è noto, Palermo fu teatro dell’epidemia di peste che, associata con il ritrovamento delle ossa di Santa Rosalia, la miracolosa cessazione del morbo e la proclamazione della santa a patrona cittadina, segnò l’inizio di una nuova sentita devozione e l’affermarsi del nuovo culto.

Non stupisce dunque che tra i soggetti dipinti dal Van Dyck durante il soggiorno palermitano, protrattosi fino al settembre 1625, la liberatrice dalla peste fosse il più richiesto dai collezionisti locali, come risulta anche dai documenti d’archivio. Purtroppo la stragrande maggioranza di queste opere ha lasciato Palermo ed è entrata a far parte di collezioni museali estere, ma restano in Sicilia copie e derivazioni che testimoniano come con i suoi numerosi dipinti, raffiguranti la medesima modella ed eseguiti durante il soggiorno palermitano, il Van Dyck abbia concorso a fissare l’iconografia di Santa Rosalia come una donna giovane e bella, dall’incarnato chiaro e dai lunghi capelli biondo-rossi, incoronata di rose e gigli, vestita di un bruno saio benedettino e sempre accompagnata dal teschio, allusivo alla peste ma anche alla meditazione e alla mortificazione.

Tra le diverse versioni del soggetto realizzate dal pittore, la Santa Rosalia che intercede per Palermo oggi a Ponce, la Santa Rosalia incoronata da angeli di Apsley House a Londra, la Santa Rosalia intercede per Palermo di Houston, di cui una replica è conservata a Palazzo Abatellis, la Santa Rosalia a mezzo busto di Madrid e la Santa Rosalia in gloria, o Santa Rosalia intercede per la liberazione dalla peste del Metropolitan Museum di New York.

E se è difficile ricondurre questi dipinti ai proprietari di un tempo a causa delle descrizioni generiche del soggetto, la tela di New York costituisce un’eccezione in quanto l’unica Santa Rosalia ad essere descritta come in gloria è quella già appartenuta al mercante genovese Desiderio Segno, estimatore e collezionista del nostro fiammingo: “un quatro di Santa Rosalia in gloria, di mano di Antonio Vandich”. A partire da questo dato, si possono ricostruire i numerosi passaggi che hanno portato il dipinto oltreoceano. Nel 1648 esso fu acquistato a Palermo dal nobile collezionista messinese don Antonio Ruffo, Principe della Scaletta; rimasta in casa Ruffo almeno fino al 1750, l’opera comparve a Londra nel 1839 sul mercato antiquario e dopo numerosi passaggi in collezioni private tra Londra, Parigi e Bruxelles, fu acquistata dal Metropolitan Museum di New York nel 1871.

La santa è raffigurata con lo sguardo rivolto verso l’alto, illuminata dalla luce divina e sollevata da putti angelici; uno di essi la incorona con rose e gigli, che alludono al suo nome, un altro porta il consueto teschio, mentre un terzo si tura il naso, “invenzione” che diventerà centrale nella celeberrima pala dipinta poco dopo per l’Oratorio del Rosario in San Domenico. In basso a destra, lo scorcio di paesaggio mostra il monte Pellegrino. Rosalia mostra gli effetti della peste e chiede l’intercessione divina.

Esami diagnostici hanno dimostrato che questa Santa Rosalia fu dipinta dal Van Dyck su una tela riutilizzata, raffigurante forse un autoritratto. Grazie al prestito concesso dal Metropolitan Museum of Art, l’opera appartenuta a Desiderio Segno dopo quasi quattro secoli fa ritorno a Palermo.

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