Hong Kong, terra di affari e grattacieli, ricconi e Rolls Royce

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La città di Hong Kong fino al ’97 è stata terra inglese, un avamposto occidentale, quasi una Montecarlo in Estremo Oriente e capitale del gioco, dei traffici e degli affari europei. Dopo lunghe trattative, è poi tornata alla Cina tra mille paure dei residenti (molti hanno preferito la fuga al ritorno sotto il potere di Pechino). Comunque è stato stabilito che la metropoli rimarrà governatorato autonomo per altri 50 anni. La nostra impressione è stata quella di una città ancora di ricconi e di affari, di Rolls Royce e grattacieli. Ma tra molte contraddizioni e bidonvilles in aumento ai piedi dei giganteschi edifici che svettano verso il cielo.
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Una volta Hong Kong aveva un aeroporto all’interno dell’isola e si scendeva con l’aereo in pratica lambendo i condomini che circondavano la pista. Adesso è stata costruita una nuova, ampia struttura sulla terraferma e quindi dovrete rinunciare a vedere il bucato del signore dell’undicesimo piano o cosa sta mangiando a colazione la signora del dodicesimo piano di quell’altro palazzo. 
Dopo l’atterraggio, concordiamo prezzo e durata del giro e, a bordo di una fiammante monovolume Toyota nera con sedili di pelle e telecamere, visitiamo il Victoria Peak, la zona collinare con le residenze più lussuose e un panorama spettacolare sulla baia. Attraversiamo poi il centro con i palazzoni delle banche e le vie degli affari.
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Poi andiamo a Repulse Bay, la famosa spiaggia, e visitiamo il grande e coloratissimo tempio buddista proprio sulla riva.
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 Chiediamo infine di essere portati allo Stanley Market, dove non mancano le occasioni dello shopping.
Infine andiamo ad Aberdeen, il villaggio dei pescatori e facciamo un giro in sampang, accompagnati da un vecchietto al timone: ai ragazzi ricorda l’imbarcazione guidata da Stallone in Rambo IV. Nella baia intere famiglie vivono in condizioni sub-umane in vecchissime barche all’ancora. Ed è nettissimo e impressionante il contrasto con i grattacieli sullo sfondo.
Hong Kong
L’indomani per tempo avevamo programmato una giornata di puro svago: la visita al parco Disney. Aperto nel 2005, è ancora piccolo e poco conosciuto ma per noi appassionati rappresenta comunque un’occasione ghiotta (gli altri sono in California, a Orlando in Florida, a Parigi e Tokyo). Biglietti già fatti su internet, di mattina presto prendiamo un taxi e in mezz’ora siamo ai cancelli. Quando entriamo, puntuali alle 10, risuona davvero un urlo liberatorio. Alcuni nostri amici ci avevano infatti terrorizzato dicendo che, essendo il parco piccolino, appena si raggiunge il numero massimo di visitatori, i cancelli vengono chiusi per sicurezza. Probabilmente un problema reale subito dopo l’’inaugurazione del parco, ma ora non c’’è più una simile folla.
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Il parco è diviso in quattro parti che ruotano intorno al viale principale, dove si svolgono le parate (vedi la mappa sul sito Disney). Andiamo in lungo e in largo più volte nonostante il gran caldo: i giochi più gettonati sono quelli di Buzz Lightyear (si spara a Zurg, e a vari bersagli, dalla navicella) e le montagne russe al buio di Space Mountain. Divertimento tra liane e ponti sospesi anche sull’’isola di Tarzan. Memorabile la parata pomeridiana con i personaggi Disney che innaffiano il pubblico e regalano un po’ di refrigerio. Pranzo con un buon hamburger in un fast food e fino alle 20, orario di chiusura, spasso per tutti.
All’’uscita troviamo un altro taxi e visitiamo l’’Ocean Terminal, la nuova zona portuale piena di negozi e localini. L’ultimo flash da Hong Kong? Il tassista che preferisce guidare senza scarpe….!
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